Poco distante dal Duomo di Milano si trova una chiesa che nasconde un sapientissimo effetto ottico. Si tratta di Santa Maria presso San Satiro, al cui interno si trova lo straordinario “finto coro” di Bramante.

Risoluto, presto e bonissimo inventore. Così Vasari definiva Donato Bramante, genio poliedrico del Rinascimento italiano. Nacque nel 1444 nel ducato di Urbino, dove fu in contatto con gli architetti, gli scultori e i pittori attivi per il duca Federico. Fra questi vi era Piero della Francesca, dai cui lavori Bramante poté apprendere il funzionamento e le regole della prospettiva.
Fra gli anni 1481 e il 1499 lavorò a Milano, dove fu attivo come pittore e architetto. Qui ebbe modo di dare prova delle sue eccezionali competenze prospettiche nel campo dell’architettura quando fu coinvolto nel cantiere della chiesa di santa Maria presso San Satiro.
Per completare l’edificio con un coro (ossia la parte terminale dietro l’altare), Bramante ideò una delle più geniali soluzioni prospettiche del primo Rinascimento. A causa dei vincoli spaziali, infatti, non era possibile ricavare nella planimetria dell’edificio la parte in cui sarebbe terminata la navata centrale. Come si vede in pianta, non c’era lo spazio necessario per il prolungamento del coro.

Bramante pensò quindi di ricreare illusionisticamente il coro in modo che il visitatore entrando nella chiesa non si accorgesse di questa mancanza.
Per fare ciò, predispose una decorazione plastico-pittorica con il finto coro nella parete di fondo, facendo un uso virtuosistico e impeccabile del sistema prospettico. Realizzò sulla parete piatta una struttura a bassorilievo in stucco profonda una novantina di centimetri di spessore, poi dipinto in modo da dare l’illusione di uno spazio lungo e profondo.

Da lontano l’occhio dell’osservatore è ingannato: l’effetto ottico è convincente al punto da indurre chi entra nella chiesa a credere che dietro l’altare si estenda uno spazio lungo metri sovrastato da una volta a lacunari.
Lo spazio simulato è monumentale e ricchissimo, con una volta a botte con cassettoni dorati, una lunetta decorata con il soggetto del Miracolo della Beata Vergine pugnalata da Massanzio e, al di sotto, sopra l’altare, un dipinto della Madonna col Bambino e due nicchie decorate “a valva di conchiglia”. Ai lati, una successione di archi a tutto sesto suggerisce la presenza di cappelle laterali.

Ammirando questo capolavoro, ben si intendono le parole di Giorgio Vasari riferite a Bramante: “né poteva la natura formare uno ingegno più spedito, che esercitasse e mettesse in opera le cose dell’arte, con maggiore invenzione e misura e con tanto fondamento quanto costui.“
Fotografie dell’articolo di Maria Elisabetta Poluzzi© e Elena Percivalle©.