Il Natale ricorda uno degli avvenimenti storici più rappresentati nell’arte di epoca medievale e moderna: la nascita di Gesù. Una celebre rappresentazione è quella del Ghirlandaio nella cappella Sassetti: la sua famosa Adorazione dei pastori.
La cappella Sassetti nella Chiesa di Santa Trinità

Domenico Ghirlandaio (1449-1494) fu un pittore fiorentino che frequentò la bottega verrocchiesca intorno al 1470. Elaborò un linguaggio chiaro e sereno che gli procurò un notevole successo. A lui venne affidata la decorazione ad affresco della cappella Sassetti, ritenuta il suo capolavoro, ancora oggi visibile nella chiesa della Santa Trinita a Firenze.
La commissione derivava da Francesco Sassetti, importante personaggio della Firenze del tempo, stretto collaboratore dei Medici.
Al centro della cappella, il Ghirlandaio collocò una sorta di trittico datato 1485, costituito da una tavola centrale rappresentante l’adorazione dei pastori e, ai lati, la rappresentazione dei coniugi Sassetti, committenti dell’opera, realizzata ad affresco direttamente sulla parete.
L’adorazione dei pastori

Nella scena centrale, il Bambino giace a terra sgambettante, adagiato su un lembo del manto della madre, genuflessa e in atteggiamento orante. Sulla cornice corre la scritta Ipsum quem genuit adoravit Maria, Maria adorava colui che aveva generato. Alle sue spalle, Giuseppe volge indietro lo sguardo, aiutandosi con la mano a scorgere il lungo corteo di persone, a piedi o a cavallo, che sta accorrendo ad adorare Gesù. Nella metà di destra, il bue e l’asinello sporgono il capo sopra ad una mangiatoia che ha l’aspetto di un sarcofago romano, ornata con festoni e con una lunga iscrizione nel pannello frontale, e un gruppo di pastori giunto al cospetto del Bambino. Ghirlandaio inserì il proprio autoritratto nel pastore che indica il Bambino. Una grande profondità di campo permette di osservare nitidamente il paesaggio collinare che si estende all’infinito sullo sfondo.
Gusto per l’antico e influenze fiamminghe
Nel formato, nella carpenteria della cornice e negli elementi architettonici e scolpiti rappresentati (il sarcofago, l’arco, le lesene scanalate), Ghirlandaio sfoggia citazioni e rimandi all’arte antica, richiamando quell’interesse archeologico italiano tipico dell’Umanesimo fiorentino. Queste inclusioni costituiscono espliciti riferimenti al tramonto dell’epoca pagana derivante dalla nascita del Cristianesimo, che portava un tempo nuovo.
Nel dipinto emergono anche influenze dell’arte fiamminga. Da una parte, la minuziosa annotazione dei particolari. Per i personaggi, questa si traduce in un estremo realismo dei ritratti, evidente soprattutto per il gruppo di pastori in primo piano e nei due committenti ai lati della tavola. Quest’ultimo sembra riprendere abbastanza da vicino l’invenzione compositiva del trittico Portinari del pittore fiammingo Hugo van der Goes. Si notano infatti somiglianze e nella caratterizzazione e nell’interazione serrata fra i tre personaggi. Al trittico Portinari rimanda anche la scansione triadica che colloca lateralmente i committenti e al centro la scena di adorazione dei pastori.


Altre note di derivazione fiamminga sono il protagonismo accordato al paesaggio e il gusto per la rappresentazione dettagliata di oggetti a mo’ di natura morta in primo piano nel dipinto.
Considerata una delle opere più importanti e raffinate dell’epoca laurenziana, questa pala del Ghirlandaio esibisce una sapienza artistica colta e densa di allusioni e riferimenti, permeata da rimandi e influssi di diversa provenienza che Vasari nelle sue Vite definisce «una natività di Cristo da far maravigliare ogni persona intelligente».