La magia del Natale porta con sé lustrini, risate e tavole imbandite di prelibatezze preparate per l’occasione. Ogni regione italiana ha il proprio bagaglio culinario da cui attingere in occasione delle feste, ma tra i dolci natalizi il panettone è il principe di ogni tavola.
La sua storia ha origini antiche ed è intrisa di mito e leggenda. Con gli anni, la preparazione originale del panettone ha visto diffondersi variazioni nei gusti e negli ingredienti principali, al fine di deliziare tutte le tipologie di palato.
Oltre ai panettoni venduti nei supermercati, si può scegliere tra un’ampia varietà di proposte artigianali preparate da piccole maestranze italiane sparse per tutto il paese. Che sia farcito con frutti di bosco, crema di pistacchio, gianduia o condimenti salati, il panettone rappresenta a pieno l’aria di festività del natale italiano.

Le leggende
Circa l’origine del panettone i fatti storici si confondono con la leggenda, o meglio, con tre leggende.
La prima di queste leggende si ambienta nella corte rinascimentale sforzesca di Ludovico il Moro, signore di Milano. Il cuoco di corte era stato incaricato di preparare un abbondante pranzo di Natale per numerosi ospiti appartenenti alla nobiltà milanese, ma sfortunatamente il dolce andò bruciato. A quel punto, Toni, un giovane sguattero, propose al cuoco di servire come dessert gli avanzi del dolce bruciato, aggiungendo uova, farina, canditi, burro e uvetta. Il cuoco accettò rischiando il tutto per tutto. Fortunatamente, tutti apprezzarono il gusto di quella dolce ed inaspettata pietanza, soprattutto la duchessa che la reputò “deliziosa”.
Dopo qualche tempo la verità sulla “paternità” del dessert servito alla corte milanese venne fuori e da allora prese il nome del garzone che ne ebbe l’idea, ovvero «el pan de Toni» in dialetto meneghino.
La seconda leggenda fa riferimento a Messer Ughetto degli Atellani, il quale soggiornava presso un palazzo donatogli proprio da Ludovico Sforza. Ughetto si innamorò di Adalgisa, figlia di un fornaio. Data l’umile estrazione sociale della ragazza gli Atellani osteggiarono la relazione tra i due giovani ma Ughetto, spinto dall’amore che provava per Adalgisa e dalla volontà di sposarla, si fece assumere dal fornaio come garzone e aiuto fornaio. Il giovane preparò un dolce per la ragazza fatto con farina, uova, zucchero e canditi ed ebbe ulteriore successo in tutta la città. Alla fine, i due giovani riuscirono a sposarsi e a vivere insieme serenamente.
Il terzo e ultimo racconto è quello meno accreditato e vede per protagonista una suora di nome Ughetta, la quale preparò un pane condito con uvetta, uova, zucchero, burro e cedro candito per allietare la vita in convento delle altre sorelle.
Si pensa dunque che i pani preparati nei tre racconti siano gli antenati dell’attuale panettone classico.
La storia
Veniamo adesso alla storia ufficiale delle prime attestazioni del panettone milanese.
Nel suo libro «La Storia di Milano» l’illuminista, storico, economista e filosofo Pietro Verri narra un’usanza diffusa a Milano durante le feste cristiane dal IX al XV secolo: le famiglie, nobili e contadine, si riunivano attorno al pater familias che distribuiva a ciascun membro famigliare un pezzo dei tre pani di frumento che venivano preparati.
Verri continua dicendo che nel XV secolo le corporazioni vietavano ai fornai milanesi di preparare il pane bianco, detto anche “dei ricchi”, ad eccezione del giorno di Natale in cui sia nobili che plebei potevano consumare il «pan de ton», un pane di frumento arricchito da burro, miele e zibibbo.
L’ufficialità dell’uso del termine «panaton» entra nel primo dizionario italiano-milanese nel 1606 e faceva riferimento ad un grosso pane usualmente servito a Natale.
Nel vocabolario milanese – italiano di Francesco Cherubini dell’800 si riporta la voce «panaton» o «panatton», il quale si specifica essere un pane di frumento con burro, uova, zucchero e uva sultanina o passa.
Il panettone odierno cominciò a diffondersi rapidamente nel 1919 quando Angelo Motta, imprenditore dell’omonima azienda, avviò la sua produzione di panettoni espandendosi in tutta Italia.
L’imprenditore modificò la vecchia ricetta del panettone cercando di rendere l’impasto più soffice e alto, e grazie ad una lievitatura di ben tre giorni ci riuscì. Motta escogitò anche un metodo per tenere su l’impasto durante la cottura, inserendo il composto in una sorta di contenitore cilindrico di carta da forno.

Ad oggi, parallelamente alle preparazioni più classiche del panettone tipicamente milanese, l’Italia appare ricca di piccole realtà artigiane dalla cui maestria sono nate nuove versioni del panettone con ingredienti che poco hanno a che vedere con la ricetta originale.