L’Etna è un vulcano effusivo, e per questo caratterizzato da suggestive colate di lava che, tuttavia, non rappresentano il problema principale della sua attività. Infatti, ciò che preoccupa maggiormente gli abitanti nei dintorni dell’Etna e, in particolar modo, chi vive in provincia di Catania sono le piogge di cenere vulcanica che investono la propria quotidianità in caso di eruzione.
Case, strade, persone: nulla viene risparmiato dalla cenere che, anzi, invade le città nell’ordine di migliaia di tonnellate. Ad un certo punto questa situazione ha incuriosito alcuni docenti dell’Università di Catania, che di recente hanno dato vita al Progetto Reucet (Recupero e utilizzo delle ceneri vulcaniche etnee) di cui abbiamo avuto il piacere di conoscere il responsabile scientifico del progetto, Paolo Roccaro.
Di seguito le sue risposte ad alcune nostre domande.

Come siete arrivati al progetto Reucet? Immagino sia partito tutto da una necessità, visto che Catania e la sua provincia sono in prima linea quando si tratta di conseguenze provenienti dall'Etna.
Esatto, vivendo a Giarre ho iniziato a vivere frequentemente le conseguenze delle “precipitazioni” di ceneri vulcaniche già nei primi anni del decennio scorso. Ho così iniziato ad avvicinarmi alla tematica e, con l’aiuto di alcuni colleghi provenienti da diverse discipline, ho iniziato a chiedermi se questo materiale si potesse effettivamente usare nell’ambito dell’ingegneria civile e ambientale. Quindi abbiamo messo su questo gruppo di lavoro, anche grazie al finanziamento dell’Università di Catania e alla vincita di un bando pubblicato dall’allora Ministero dell’Ambiente.
Quali sono le proprietà delle ceneri vulcaniche e quali i maggiori usi che se ne potrebbero fare nel quotidiano?
Ceneri e lapilli sono un materiale essenzialmente composto da silice – materiale poroso e facilmente frantumabile – che sulla superficie si presenta ricco di composti che inibiscono le reazioni di legame. Per questo motivo non risultano idonei nella realizzazione, ad esempio, del calcestruzzo, a differenza di quanto è stato (erroneamente) affermato in passato.
Al contrario, uno dei maggiori utilizzi della cenere e dei lapilli potrebbe riguardare la costruzione di materiali particolari come gli intonaci, le malte o i pannelli isolanti. Inoltre, abbiamo condotto diversi esperimenti che fondono l’innovazione con la tradizione, scoprendo che questi materiali vulcanici sono estremamente validi per la creazione del famoso cotto siciliano.
Infine, la cenere vulcanica si presta molto bene all’utilizzo tecnologico, come materiale di supporto per nanomateriali fotocatalitici e quindi con un minore impatto ambientale.
Con il decreto "Semplificazioni" dello scorso maggio le ceneri vulcaniche non sono più considerate rifiuti, bensì risorse e sicuramente parte del merito va anche al vostro lavoro. Ad oggi, però, nel concreto com'è cambiata la situazione? Ci sono già aziende interessate a questa svolta sostenibile o qualcosa blocca il progresso?
Credo che, ad oggi, vada approfondito l’aspetto normativo della questione, quindi fissando dei parametri e dei limiti relativi all’utilizzo del materiale, soprattutto in virtù dei possibili impatti sulla salute umana in determinate circostanze. Un esempio potrebbe essere l’esposizione del materiale, dopo la lavorazione, agli agenti climatici (come la pioggia) con conseguente rilascio di sostanze non proprio ideali per il corpo umano. Quindi, per questo motivo, è importante fissare dei limiti oltre cui non forzare la mano.
Il nostro gruppo di lavoro vuole andare proprio verso questa direzione, con ricerche mirate a rilevare i possibili effetti collaterali del materiale. Questo perché parliamo comunque di una risorsa particolare, che va utilizzata in maniera corretta e consapevole e che sicuramente sarà al centro di studi futuri.
Per quanto riguarda, invece, le aziende interessate al progetto si può subito delineare un avvicinamento da parte di realtà che scelgono l’economia circolare. Queste provengono da diversi settori: abbiamo citato prima il cotto siciliano, ad esempio, o tutta la filiera legata alla realizzazione di prodotti isolanti. A questo mondo si aggiungono poi le aziende che si occupano del recupero di materiali inerti.
Se dovessi, invece, citare il problema più spinoso legato allo sfruttamento della cenere vulcanica direi la raccolta del materiale. Ad oggi, infatti, rappresenta un vero e proprio ostacolo, visto il costo oneroso e la mole di cenere che precipita ad ogni eruzione dell’Etna.

Con il professor Roccaro ci lasciamo con la promessa di risentirci in futuro. Nel frattempo non possiamo far altro che essere orgogliosi per il risultato ottenuto dal team di lavoro dell’Università di Catania, che dimostra come un futuro sostenibile possa diventare una realtà concreta.
Le eccellenze nel nostro territorio ci sono: devono soltanto essere valorizzate e ascoltate.