Non tutti sanno che a Parma si trova un luogo che Roberto Longhi – uno fra i più importanti storici dell’arte italiani – ha definito un capolavoro, qualcosa di imparagonabile, se non alla Cappella Sistina o allo studiolo di Isabella d’Este. Si tratta della Camera di San Paolo – meglio conosciuta come Camera della Badessa – affrescata da Antonio Allegri, detto il Correggio, verso il 1519.

Si tratta di una delle stanze dell’appartamento della badessa Giovanna da Piacenza, all’interno del convento benedettino femminile di San Paolo. Donna di grande cultura, Giovanna da Piacenza si era circondata di intellettuali e umanisti e aveva reso il monastero di San Paolo uno dei centri culturali di spicco della Parma del XVI secolo. I suoi gusti raffinati e colti l’avevano spinta a richiedere la decorazione della sua camera ad uno dei più capaci pittori dell’Emilia del tempo, Antonio Allegri (rinominato Correggio in riferimento alla sua città natale, oggi in provincia di Reggio Emilia).
Allora trentenne, Correggio aveva avuto modo di studiare l’opera di Raffaello e di Michelangelo, con ogni probabilità anche durante un soggiorno a Roma. Le pitture della Camera di San Paolo furono il primo importante ciclo d’affreschi affidato al Correggio.
Sopra la cappa del camino è raffigurata trionfalmente la dea Diana sul cocchio. La volta si trasforma in un pergolato naturalistico che si apre in una serie di ovali. Da ognuno di essi si affaccia una coppia di putti, ritratti in atteggiamenti giocosi e puerili: ora mentre bisticciano, ora mentre accarezzano animali, ora con attributi legati al mondo della caccia. Sotto ciascun ovale, Correggio finge illusionisticamente una lunetta, contenente bassorilievi anticheggianti e sostenuta da semi-capitelli con teste di ariete. Tra di esse, un drappo sostiene un vaso o un piatto.


Il raffinato esercizio di finzione illusionistica incanta e trascina lo sguardo in ogni suo dettaglio. Non è difficile scorgere nella vivacità e graziosità dei putti il modello di Raffaello, così come il tema mitologico e archeologico, unitamente alla soluzione del pergolato, sembrano un richiamo alla volta della Loggia di Psiche a Roma. Correggio avrà certamente desiderato ammirare i cantieri raffaelleschi della Loggia della Villa della Farnesina durante il suo viaggio romano.
Non era la prima volta che Correggio si cimentava in una decorazione a pergolato di una volta: lo aveva fatto in precedenza all’interno della cappella funeraria di Andrea Mantegna, nella Basilica di Sant’Andrea a Mantova.
I bassorilievi illusionistici in marmo esibiscono con gusto colto figure o gruppi tratti da monete antiche. Nel dipingere questi soggetti, Correggio deroga dalla proporzione anatomica del canone antico optando per forme più formose e ridondanti. In questa scelta dimostrava di aver appreso la lezione di Michelangelo, ma anche di saper infondere una morbidezza del tutto nuova e formidabile alle carni. Incarnati soffici, dolcezza delle tinte e un perseguito ideale di grazia caratterizzano, qui come altrove, l’opera del Correggio.


La lettura del significato della decorazione della Camera di San Paolo non incontra un’interpretazione univoca da parte degli studiosi. Erwin Panowsky, uno dei più grandi critici d’arte dello scorso secolo, considera la dea Diana la chiave interpretativa dell’intera iconologia, in quanto simbolo di castità verginale e per questo celebrata all’interno di un monastero femminile. Di certo, alla base della scelta del soggetto, sta il desiderio della Badessa di fare sfoggio della propria cultura umanistica e classica.
