Entrando nella cattedrale di Otranto e guardando attentamente verso il basso ci si accorge subito di stare letteralmente camminando su di un’opera d’arte: si tratta del pavimento della cattedrale di Santa Maria Annunziata di Otranto, tra i pochi superstiti integri di epoca normanna, considerato una delle più straordinarie opere musive (quindi realizzato con la tecnica del mosaico) medievali.
La straordinaria opera percorre la chiesa per circa 340 mq, per un totale di circa 600.000 tessere composte da calcare di origine locale.

Fu realizzato in circa 2 anni tra il 1163 e il 1165, commissionato dal Vescovo di Otranto al monaco Pantaleone, il cui nome si può leggere all’entrata della chiesa.
L’enorme tappeto formato da piccolissime tessere raffigura principalmente “l’albero della vita”, da cui nascono tutte le scene che compongono il mosaico. Il tronco principale si estende nella navata centrale, mentre le navate laterali ospitano due tronchi dell’albero di dimensioni minori.
LE RAPPRESENTAZIONI E IL LORO SIMBOLISMO
A differenza di quanto si possa pensare la lettura del mosaico non parte dalle radici, bensì dalla parte superiore dell’albero: qui si trova la raffigurazione di Adamo ed Eva nella narrazione del peccato originale e nella successiva cacciata dal giardino dell’Eden. Questo ciclo è collegato con la raffigurazione più in basso di 12 medaglioni, ognuno dei quali corrisponde a un mese dell’anno e dove vi sono descritte le attività che l’uomo sarà costretto a svolgere sulla terra una volta lasciato il paradiso terrestre.

Altre rappresentazioni importanti sono quella della Torre di Babele e di Alessandro Magno, raffigurato in volo tra due grifoni, simbolicamente per indicare il desiderio del macedone di essere immortale sfidando lo stesso Dio.

Da qui si sviluppa la contrapposizione tra bene e male, dove l’uomo rimane prigioniero delle passioni negative e nocive, che derivano della brama di potere. Non a caso vi sono la raffigurazione del peccato originale di Adamo ed Eva e la superbia di Alessandro Magno. Questa teoria è supportata anche dalla presenza di altri piccoli particolari, come quello di una scacchiera presente sull’albero: con il suo simbolismo essa potrebbe rimandare a questa pluralità che riguarda l’uomo, sempre in bilico tra bianco e nero, bene e male.
Alla base troviamo invece due elefanti a sorreggere l’intero albero come simbolo di forza e, non lontano da questi, la rappresentazione mitica di Re Artù a cavallo di un caprone mentre insegue Adamo ed Eva.

Da questa breve descrizione si comprende quanto la diversità e la vastità delle rappresentazioni rendano il mosaico a tratti di difficile decifrazione ancora oggi.
Si parte dall’antico testamento con l’Inferno e il Paradiso, Caino e Abele, il Diluvio Universale e le imprese di Noè, per arrivare fino alle scene raffiguranti animali, personaggi mitici, sfingi, arpie, minotauri o ancora personaggi storici come lo stesso Alessandro Magno.
Al di là delle figure rappresentate, l’opera si presenta come un’enorme enciclopedia visibile agli occhi di tutti, persino a quei fedeli che in passato non avevano ricevuto un’istruzione adeguata e, non sapendo leggere, imparavano proprio tramite la lettura delle immagini (spesso la funzione originaria di tante opere, soprattutto ecclesiastiche, era proprio didascalica per il popolo).
L’intento originario del mosaico infatti era quello di racchiudere immagini e tradizioni di quello che era il sapere medievale in ambito teologico e storico, anche di culture diverse tra di loro, favorendo l’incontro tra più popoli. Otranto è la città più a est d’Italia, non a caso, e la sua favorevole posizione geografica l’ha resa una sorta di porta tra oriente e occidente. Per secoli punto di approdo per visitatori e conquistatori, e questo mosaico rappresenta un po’ questa commistione di culture e credenze: oriente e occidente, sacro e profano, bene e male, a simboleggiare una volta in più la multiculturalità di questa meravigliosa e antica città.